Francesco Olivetti

(Castelfranco Veneto, 1780 - [?], 1830)

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Apoteosi di Napoleone 

particolare di: Apoteosi di Napoleone 

86. Apoteosi di Napoleone, 1811-1813.

Olio su tela;

139,5 x 201,8 cm

(Schedatura 1990 n. 54/OA)


 

In Biblioteca Comunale si conserva una copia della lettera con la quale il pittore propone di donare al Municipio il dipinto, ancora da eseguire, per estinguere un vecchio debito trentennale di famiglia: <<...Comune di Bologna / Anno 1811 / g: 10 Agosto, Al Sig: Podestà della Comune di Cfranco... / Francesco Olivetti Pittore... [con] moglie e tre figli... [dichiara che la sua situazione] ...rende totalmente impagabile l'estinzione dell'antico ereditato mio debito verso questa Comune per conto d'affitti. ...esibisco sig: Podestà, a saldo del medesimo il lavoro di un quadro ad olio... offrerendomi di assoggettarle nel più breve possibile termine il Bozzetto colorito per la di Lei approvazione, e di dare il Quadro completato alla Comune entro anni due [per] ...dotare [?] questa Comune di un Monumento consacrato al più grande dei Sovrani...>> (BCCV, 1811, ms. 285 R-66, 30 895 R.I.). Il primo a menzionare l'opera è il Crico, in una lettera ad Antonio Diedo del 31 ottobre 1832 : <<Ed analogo a' doni anzidetti e qual saggio di patrio amore può considerarsi un quadro di soggetto allegorico, che dipinse anni fa Francesco Olivetti... quadro di assai bella invenzione, condotto con grande ingegno, comeché di languido colorito, e che il medesimo Olivetti offerse in dono alla Deputazione comunale di Castelfranco, ed è esistente nelle stanze di sua residenza>>. (Crico L., 1833, p. 298). Dopo più di due decenni, il dipinto è menzionato dall'ingegnere civile A. Barea (BCCV, Barea A., 1858, ms. 2 R-2, 17 138 R.I.) ed inserito nell'elenco delle opere d'arti meritevoli steso dalla Deputazione Comunale di Castelfranco (Andretta, Montini, 188, ms. 3 R-2, 17 139 R.I.). In un foglio di carta volante infine, forse risalente alla seconda metà del XIX secolo, sempre conservato in Biblioteca, risulta: <<Nel Palazzo Comunale... / Uno dell'Olivetti...>>.

Come ci aiuta anche la lettera del 1811, la tela raffigura L'apoteosi di Napoleone, soggetto forse voluto, durante l'occupazione francese, pure dallo stesso Matteo Puppati, allora podestà della Comune, come induce a pensare l'assunto programmatico e la complessità della raffigurazione. L'opera rimase esposta nelle sale municipali anche dopo il passaggio della città sotto gli austriaci (1814). La deificazione avviene all'interno di un tempio rotondo di architettura monumentale (il tempio dell'Eternità) aperto in alto, ad imitazione del Panteon, e decorato con un fregio istoriato a bassorilievo esprimente i fasti dell'imperatore, che si snoda continuo sopra i quattro giri di peristilio delle colonne dal capitello egizianeggiante. Sulla sinistra, Napoleone, novello Alessandro lisippeo (e sembra in realtà Apollo), in vesti classiche, si volge verso la Fama, in atto di sortire dalla volta del tempio suonando la tromba. Al di sopra del protagonista, la statua dell'Eternità (simbolo anche dell'immortalità) appare seduta sopra un altare eminente, circondata dai Secoli (?) e da Apollo, in atto di prendere il Secolo d'oro ed offrirlo a Napoleone, felicitando così la terra. Sotto a sinistra, la Natura (?) si rallegra (?) ad una tal vista, mentre il Fato (o il Destino), seduto sopra il primo gradino dell'altare, accenna con una mano alla catena madre degli avvenimenti (il cui primo anello si perde fra le nubi), dipinta sulla tela che tiene sollevata con la mano destra; ai sui piedi il caduceo di Mercurio, simbolo delle arti e delle scienze, che il celebrato protegge. Al centro, la Vittoria in atto di piantare sull'ara (che reca le onnipresenti stelle a cinque punte - volute sempre a suggello di siffatte apologie, le serpi dell'eternità, le spighe dell'abbondanza ed altri emblemi napoleonici) il ramoscello d'olivo, simbolo della pace. Attorno a questa, la Gloria ed altre figure allegoriche. Dietro, tra l'altare e l'ara, altre figure ancora spargono i profumi sul tripode. Davanti al giro di colonne s'ammassano sacerdoti e personaggi dell'antichità classica, tra i quali pare di poter individuare Omero cieco e forse Aristotele (o Socrate).

Il dipinto, in buono stato di conservazione, grazie anche al restauro a cui è stato sottoposto in occasione di questa mostra, è decisamente un'opera ammirevole, sia per la qualità che per il soggetto, tra le più notevoli della Raccolta Comunale e, sicuramente, della produzione stessa dell'artista. Francesco Olivetti, come ricordano diversi cronisti del passato (cfr. Federici D.M., 1803ca., ms. 343 L-4, 30 886 R.I., p. 8; Federici D.M., 1803, rist. 1978, II, p. 187; Crico L., 1833, p. 298; Puppati L., 1860, p. 46), ebbe i suoi primi insegnamenti di pittura nel veneto poi, ancora giovane, si trasferì a Bologna, dove passò gran parte della sua vita, e lì continuò i suoi studi, che dovettero certamente metterlo in contatto con i Gandolfi (Gaetano, ma soprattutto Mauro). Fu un lodevole pittore di soggetti storici. Una sua pala rappresentante <<Santa Caterina della Rota>> viene ricordata nella chiesa di San Giacomo in città (?); altre  sue opere vengono ricordate a Treviso.

 

Provenienza:

Municipio Comunale, Castelfranco Veneto (TV).

 

Bibliografia:

Crico L., 1833, p. 298; Favero E., Pellizzari V., 1895, p. 35.

 

Restauri:

Studio Emmebi di M.B. Girotto, 1997.


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