Pittore veneto

(primi decenni del XVII secolo)

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Veduta delle mura di Castelfranco

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85. Veduta delle mura di Castelfranco.

Olio su tela;

85 x 136 cm

(Schedatura 1990 n. 133/OA)


 

Seppure non è stata rinvenuta alcuna documentazione antica riguardante questo dipinto, è alquanto probabile che negli ultimi cent'anni almeno abbia avuto una sorta di ruolo di rappresentanza per la città, quindi sia rimasto collocato nel Palazzo Municipale, dov'è tutt'oggi custodito. Il suo stato di conservazione è buono, come  si è attestato anche con il restauro del 1985, col quale, dopo il rifodero, si è sostanzialmente provveduto ad una leggera pulitura, al reintegro delle piccole e rare lacune, ed infine alla riverniciatura.

La tela raffigura per intero il lato principale, quello verso est, della cinta muraria di Castelfranco. Vale la pena sottolineare subito come la veduta riprenda la stessa inquadratura, nelle architetture, con un carattere decisamente più realistico, di quella incisa dal Coronelli circa il 1694, più o meno un secolo prima (cfr. scheda n. 61). Rispetto a questa, al di là della maggior fedeltà, sostanziali differenze si rilevano nella posizione del gonfalone marciano e del cippo con il Leone di San Marco, nella pavimentazione della piazza, nella presenza della vegetazione nel dipinto, e nella torre "davanti", dove sotto all'orologio vi è il lunario e sulla cima della torre leggere diversità. Il Leone marciano posto sopra l'orologio è nel quadro sintomaticamente senz'ali e con la coda abbassata, come quello posto sul cippo. Il Tescari, in una copia manoscritta di un testo del Melchiori, conservata nella Biblioteca Comunale di Castelfranco, illustrata da numerosi disegni con vedutine della città, in uno di questi riprende la stessa inquadratura del castello inspirandosi visibilmente, nonostante piccole differenze, alla nostra tela: questo disegno rappresenta, indirettamente, la prima testimonianza rinvenuta relativa al dipinto qui presentato.

Come nel Coronelli, anche qui la veduta si ferma volutamente solo sulla facciata della cinta muraria, omettendo di raffigurare qualsiasi altra architettura al di là, compresa la cupola del Duomo (forse perché era ancora in fase di costruzione) e la torre dei "morti". Interessante inoltre, come testimonianze storiche, rilevare sopra la porta della torre, chiaramente visibile un frontone con timpano, forse ciò che rimaneva degli affreschi eseguiti dal Castagnola sulla facciata. Come sulle facciate di Palazzo Piacentini, al di fuori della torre a sinistra, decorate con le guglie fastigiali, pare di intravedere un mescolarsi di colori sulle sue pareti, forse quel che restava delle ricche pitture ricordate dal Melchiori ed eseguite da Pietro Marescalchi da Feltre o dal nostro Giovan Battista Ponchini.

Particolarmente gustosa nell'insieme, ed unica nel suo genere tra le opere antiche sino a noi giunte, ci mostra uno squarcio della vita della nostra città alla fine del XVIII secolo, probabilmente prima della caduta della Serenissima Repubblica, vista la presenza dei simboli della Veneta Signoria, seppure mutili nel Leone: a meno che questa particolarità non ci suggerisca di collocare il dipinto tra il 1797 e l'anno in cui i francesi eliminarono il gonfalone ed il cippo (ma le vesti portate dai personaggi raffigurati sembrano essere di alcuni anni prima). <<Nella bastia passeggiano i nobili, le bautte con i cagnolini. Pare tempo... di mezza quaresima. C'è... [un carro] con tiro a otto e il casotto dei burattini... Il lavoro agreste, con l'abbeveraggio dei buoi è al di là della riva. Pare non esista il turbamento delle classi, ma la sociale concordia, anche se, tra i nobili e i borghesi da una lato e i contadini dall'altro, corre di mezzo l'acqua dell'Avenale>>, così il Bordignon Favero commenta la calma giornata di mezzogiorno (ce lo indicano le lancette dell'orologio) nella Castelfranco di due secoli fa (Bordignon Favero, 1975, I, p. 146). Curioso sottolineare la presenza dei monaci sulla destra, del "pastorello giorgionesco" dietro a loro, al di là delle fossa, e di quella emblematica figura bianca al centro, proprio in corrispondenza della torre "davanti", che con un'asta indica in alto. Così come singolare è la costruzione con timpano sull'estrema destra del dipinto.

Sul carro che trasporta merci in basso a sinistra, su di una targhetta bianca, il dipinto reca una sigla: <<F. R.>> con ogni probabilità, seppure l'ultima lettera, non chiaramente leggibile, potrebbe essere anche una <<A>> o una <<B>>. Sono sicuramente le iniziali di chi ha dipinto il quadro, che deve essere stata una persona dal gusto molto raffinato e ricercato, ma che si dilettava in pittura. Infatti, la qualità esecutiva appare mediocre; quindi ogni tentativo di riferire l'opera ad un determinato ambiente artistico, che non sia quello veneto tipico dell'epoca, è infruttuoso. L'autore va forse cercato tra gli stessi cittadini di Castelfranco: un amante ed intenditore d'arte, come poteva essere, per fare un nome puramente a titolo indicativo, un Francesco Riccati (che muore nel 1791), ma non propriamente un pittore. Impossibile quindi l'identificazione, se non per caso fortuito, grazie al rinvenimento di documenti chiarificatori.

 

Bibliografia:

Bordignon Favero G., 1961, p. 45; Brusatin M., 1969, pp. XIV, 241; Ro­tary Club, 1971, p. 30, n. 7; Bordignon Favero G., 1975, I, pp. 146, 147, fig. 10; AA.VV., 1982, II, p. 60; Dal Pos D., 1984, pp. 27, 28; Banca Popolare di Castelfranco V., 1985, pp. 18, 19; Puppi L., 1990, pp. 34, 373, fig. 2; Cecchetto G., 1994, p. 13; Bordignon Favero G., 1996, pp. 34, 35; Dal Pos D., 1997, pp. 31, 54, 55.

 

Restauri:

P. Fabris, 1985.


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