Per le indicazioni relative alla provenienza, o di altro
genere, si rimanda a quanto detto nella prima scheda relativa ai ritratti di
alcuni componenti della famiglia Riccati. In discreto stato di
conservazione, già prima del restauro del 1995, il pittore di questo gustoso
ritratto si sforza di cogliere nell'espressione del volto dell'abate
Vincenzo Riccati probabilmente quegli aspetti bonari ed ottimistici del suo
carattere, che trasparivano dalla persona. Si tratta con ogni probabilità di
un dipinto destinato a ricordare l'effigiato ai famigliari dello stesso,
pertanto il prelato viene colto nella semplice intimità della vita di tutti
i giorni. Vincenzo Riccati, figlio di Jacopo (vedi scheda precedente) e
fratello di Giordano e Francesco, nacque nel 1707. A soli 10 anni, condotto
a Bologna, fece i suoi studi presso il collegio gesuita di San Francesco
Saverio. Nel 1726 chiese di entrare nell'Ordine dei Gesuiti. Prese i voti
nel 1741 nel Collegio di Bologna. Fu celebre, come il padre, per gli studi
matematici e fisici, nonché sommo analista. Eseguì e diresse dei lavori
idraulici sul Reno, sul Po, sull'Adige e sul Brenta, ponendo freno anche
agli allagamenti, per cui fu decorato con la medaglia d'argento dalla Città
di Bologna e con la medaglia d'oro dalla Serenissima Repubblica. I suoi
principi di matematica furono stampati in Venezia nel 1772. La sua vita fu
estesa dal Fabbroni, e compresa fra le vite degli illustri italiani. (Puppati
L., 1860, p. 33). <<Dopo la sopressione della Compagnia del Gesù,
avvenuta il 21 luglio 1773, Vincenzo Riccati abbandonò Bologna e tornò a
Treviso nella casa dei fratelli Giordano e Montino, dove morì il 17 gennaio
1775>> (Storia di una Biblioteca..., 1986, pp. 74, 75).
Autore del dipinto ne è sicuramente un pittore veneto attivo
nella seconda metà del secolo XVIII, come ci conferma anche l'età
dell'effigiato. Si riscontrano richiami alla ritrattistica di Alessandro
Longhi, ma forse ancora di più a quella del padre Pietro, nonché analogie
stilistiche con certi lavori di Giuseppe Nogari, nell'ambito del quale si
può probabilmente cercare l'autore di questa tela. Un interessante raffronto
deve essere fatto con un'incisione, delineata da Francesco Tonelli ed incisa
da Giuseppe Lante, che si conserva sempre nella Raccolta Comunale presso la
Biblioteca e che raffigura dell'effige l'abate Riccati tratta, come ci
avverte la dedica, dopo la sua morte (schedatura 1990 n. 293; cfr. anche
Soppelsa M. L., 1990, p. 44). In questa, il volto e la positura del prelato
sono pressoché identici a quelli del dipinto, mentre i lineamenti sembrano
essere stati maggiormente marcati per sottolinearne l'età più matura.
L'incisione, che forse è una derivazione dal dipinto, non è tuttavia
speculare.
Il dipinto reca sul verso il n. <<14>>.
Provenienza:
dono conte Valperto degli Azzoni Avogadro, 1990.
Bibliografia:
Puppi L., 1990, pp. 37, 373, fig. 6.
Restauri:
Studio Emmebi, 1995. |