Questo dipinto, assieme ai ritratti degli altri componenti
della famiglia Riccati di seguito descritti, entra nella Raccolta Comunale
grazie alla donazione effettuata dal conte Valperto degli Azzoni Avogadro
nel marzo 1990. I dipinti, sin dall'origine conservati nelle sale di quello
che fu il palazzo dei Riccati in Castelfranco, sito all'inizio del borgo
Treviso, al di là del ponte, giungono nella collezione del conte degli
Azzoni Avogadro probabilmente attraverso i passaggi ereditari di seguito
elencati: Francesco Riccati morì nel 1791 lasciando come unico erede
Giacomo, che morì nel 1808 senza eredi maschi; ereditò così i beni paterni
la sorella di questo, Elisabetta, che ebbe due figlie: Margherita e Augusta;
quest'ultima andò in sposa del conte Roberto degli Azzoni Avogadro; da qui,
l'eredità si trasmise fino al conte Valperto (Storia di una Biblioteca...,
1986, pp. 75, 76).
Nonostante le molte abrasioni presenti sulla pellicola
pittorica, il restauro del 1995 ha ricondotto l'opera ad un discreto stato
di conservazione. Le scritte poste sul verso della vecchia tela di riporto
sono state trascritte fedelmente sulla nuova: <<CO.S FRANC.S RICCATO
Q.M: D: JACOBI D.S 1677.
ANOV AETATIS XXI / LAZARI F.M>>.
Ogni dipinto di questa serie porta sul verso della cornice un numero; il
ritratto dell'abate Vincenzo Riccati reca il numero <<14>>. Questo
sta probabilmente ad indicare che un tempo esisteva un gruppo di dipinti che
ritraeva almeno quattordici componenti della famiglia Riccati. Il dipinto
qui presentato reca il numero <<II>>. Sulla base delle scritte
riportate sul verso di questi dipinti (si veda in special modo quella
sull'opera di seguito descritta), così come informa anche il Melchiori,
l'autore può identificarsi in Giovan Antonio Lazzari pittore veneto e
debitore sicuramente nei confronti della ritrattistica del Bombelli. Il
Donzelli ed il Pilo, tuttavia, pubblicano il ritratto della contessa
Elisabetta di Onigo Riccati (si veda scheda n. 74) come opera di Giacomo
Lazzari, forse sulle indicazioni del Federici. Il Melchiori, inoltre, così
scrive circa il Lazzari: <<Alle pareti di detto altare [nella chiesa
delle R.R. Monache di Castelfranco] sonovi quattro quadri, il primo
contiene la lotta dell'Angelo con Giacobbe, il secondo Abramo in atto di
sacrificare Isacco suo figliolo, ritenuto dall'angelo; il terzo Daniele nel
lago dei leoni; et il quarto l'Angelo apparso ad Agar, che additandogli il
fonte li commette di soccorrere il sitibondo fanciullo Ismaele; et questi
sono diligenti opere di Gio: Antonio Lazzari pittore veneto>> (BCCV,
Melchiori N., 1724-1735, ms. 158 Q-1, 12 523 R.I., pp. 340, 341). Il
Federici, riprendendo il Melchiori, però riporta: <<Lazzari Giacomo
dipinse per le Monache di Castelfranco quattro quadri che stanno d'intorno
alla loro Chiesa, cioè il Sacrificio di Abramo, la lotta di Giacobbe con
l'Angiolo, Daniel nel lago, ed Agar con Ismaelenilde>> (Federici D.M.,
1803, II, p. 103). Queste ultime opere son date per perdute dal Bordignon
Favero (Bordignon Favero G., 1968, p. 151).
Ma, tornando al nostro dipinto, esiste in più una probabile
attribuzione a Sebastinano Bombelli da parte sempre del Federici:
<<Sebastiano Bombelli riputatissimo per ritratti, quattro ne dipinse de'
Conti Riccati nel 1674: del Co: Montino celebre Avvocato in Venezia, e della
Co: Giustina Colonna di lui consorte, del Co: Francesco, e del Co: Carlo
fratelli, e figli del Co: Jacopo Avo del letteratissimo di questo nome, che
fiorì nel secolo posteriore, siccome quello della Contessa Perla Rabatta
maritata in Cà Rinaldi in Trevigi>> (Federici D.M., 1803, rist. 1978, II,
p. 103). In effetti la tipologia del ritratto, più di tutti gli altri di
seguito presentati che le scritte sul verso riconducono al Lazzari, mostra
forti analogie con le opere del Bombelli, come facilmente riscontrabile
anche dal confronto con i ritratti di quest'ultimo conservati alla Querini
Stampalia (cfr. Dazzi M, Merkel E., 1979, in modo particolare la fig. 103).
Il conte Francesco Riccati, comunque, sulla base della
scritta posta sul verso, è qui effigiato all'età di vent'uno anni e deve
pertanto identificarsi forse col Francesco nato nel 1650 e morto nel 1679,
zio del Giacomo Riccati sposato ad Elisabetta di Onigo. Il dipinto, quindi,
dovrebbe essere stato eseguito verosimilmente nel 1671, e non, come indica
la scritta sul verso, nel 1677, che è forse un errore di trascrizione. Il
Melchiori, in ogni caso, ricorda un Francesco Riccati <<...il quale fu
per molto tempo appresso il Serenissimo Duca di Parma, e alla qual Altezza
per le sue degne qualità fu chiamato Conte, il cui titolo sino di presente
risplende nella famiglia. 1678>>; mentre <<...del 1690 morì il Padre
Francesco Riccati Servita, il quale donò alla sua chiesa varie reliquie de'
Santi>> (BCCV, Melchiori N., 1724-1735, ms. 158 Q-1, 12 523 R.I., p.
133); qust'ultimo, nato nel 1627, dovrebbe essere lo zio del Francesco
precedentemente nominato dal Melchiori, che è probabilmente l'effigiato.
Provenienza:
dono conte Valperto degli Azzoni Avogadro, 1990.
Bibliografia:
Federici D.M., 1803, II, p. 103; Bordignon Favero G., 1975,
I, pp. 328, 357.
Restauri:
Studio Emmebi, 1995. |