Il dipinto, un tempo appartenente alla collezione Tescari,
entra nella Raccolta Comunale grazie ad un dono fatto dai fratelli
Rostirolla, che vennero in possesso di parte del patrimonio Tescari. Tra i
documenti conservati nel carteggio relativo al Museo presso la Biblioteca
Comunale di Castelfranco Veneto, esistono due brutte copie di lettere che
l'allora conservatore, cav. Elia Favero, scrisse per ringraziare i fratelli
Rostirolla delle donazioni fatte: nella prima, datata 21 settembre 1933, si
ringrazia per il dono di quadri e di memorie del Risorgimento italiano;
nella seconda, datata 22 giugno 1934, si ringrazia per il dono di due quadri
ad olio e tre incisioni, specificando che il loro nome verrà inscritto
nell'album dei benemeriti donatori del Museo. Non essendovi altre
indicazioni più precise, la tela si deve considerare acquisita grazie ad una
delle due suddette donazioni.
Di essa, inoltre, si conserva ancora il cartellino
didascalico con cui l'opera era un tempo esposta: <<Scuola di Paolo
Veronese / S. Maria Maddalena / dono Fr. Rostirolla>>.
Grazie al restauro del 1988, l'opera si trova oggi in
discreto stato di conservazione, seppure alcune delle integrazioni
pittoriche effettuate, necessarie a causa delle lacune e delle diffuse
abrasioni, tendono a rendere la figura della santa penitente meno sciolta e
fluida di quanto fosse in origine, come può essere facilmente constatato ad
un esame del dipinto a luce ultravioletta. La Maddalena, avvolta in un ricco
manto decorato a motivi vegetali, giace distesa al suolo con la schiena
appoggiata a dei massi di roccia. Con la mano sinistra tiene sul petto il
Crocifisso, mentre la destra poggia sul libro e sul teschio. Alla sinistra
in basso, il vasetto degli oli con i quali profumò i piedi di Gesù, simbolo
ad un tempo, come i lunghi capelli con i quali asciugò i piedi del Cristo,
della vita mondana passata e della redenzione dopo essere stata liberata dai
sette demoni. Sulla destra, tra ramoscelli e foglie, si apre uno scorcio di
cielo serotino. In collezione Tescari, il dipinto era indicato come opera di
Paolo Veronese, e, più giustamente, della sua scuola una volta entrata al
Museo. In effetti, la tela presenta una forte componente di influssi
veronesiani, tanto nella figura, quanto nello scorcio paesaggistico di
destra, ma è ovviamente ben lontana dalla qualità pittorica del maestro.
L'autore può comunque essere ricercato tra i numerosi proseliti veneti che
il Caliari ebbe tra la fine del XVI secolo e l'inizio del secolo successivo;
qualcuno che contemporaneamente sentì anche il fascino della pittura di
Tiziano, a cui sembrano rimandare le foglie delle piante che si stagliano
sul cielo e certe note drammatiche e tenebrose dello sfondo roccioso. Come
punto di riferimento, senza per il momento sbilanciarsi in una attribuzione,
può forse essere fatto il nome di Dario Varotari, che tra l'altro ebbe in
moglie una figlia di Giovan Battista Ponchini e lavorò nel territorio di
Castelfranco (affreschi di villa Priuli a Treville, perduti con la villa),
da cui l'opera potrebbe anche provenire. A titolo puramente informativo si
ricorda che il Melchiori cita nella chiesa delle R.R. Monache in città
<<...una S. Maria Maddalena della scuola di Tiziano>> (BCCV, Melchiori
N., 1724-1735, ms. 158 Q-1, 12 523 R.I.), data per dispersa dal Bordignon
Favero (Bordignon Favero G., 1968, p. 152).
Provenienza:
collezione Tescari, Castelfranco Veneto.
Bibliografia:
Cat. Tescari, 1875, p. 38, n. 211.
Restauri:
R.P.A. Dinetto, 1988. |